oggi (20/12) ho trovato questo intervento radiofonico di Simone Regazzoni commovente, visto che Kung Fu Panda mi tocca da vicino, e di recente ho ripreso in mano la Gaia Scienza di Nietzsche dopo dieci anni; per tutti questi motivi volevo condividere questo podcast con voi.
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-608a06d2-8982-4114-ab2a-3cab35b21c97.html?p=0
Ero solo davanti a una birra, a Berlino, faceva freddo, circondato da una lingua barbara e da strade e palazzi a dismisura d'uomo. Ho cominciato a scrivere.
martedì 20 dicembre 2011
domenica 11 dicembre 2011
educazione spirituale per giovani cuochi /5
-la gentilezza abissale delle erbe selvatiche-
L'uomo è l'unico animale che cucina
Il cuoco è un artigiano, è il fare dell' artigiano a creare il concetto di materia prima, è a partire da quella e rispetto a quella che può avvenire quella cosa di cui tutti hanno esperienza ma rimane mistero: il cucinare. Perchè dico ciò? perchè è in rapporto alla materia prima, che entrano in gioco categorie espressamente umane: il cucinare non è esclusivamente un migliorare le caratteristiche di digeribilità degli alimenti, ma riporta a esperienze linguistiche, emotive....; la questione del gusto è una questione eminentemente umana, pur stando sulla superficie, non è per niente superficiale, e per parlarne ci si accorge sempre più che si sfocia nella filosofia, nella psicologia, nella storia....(oggi metto troppi puntini di sospensione, sarà pigrizia...). Ma si sa che il linguaggio mangia alle volte chi pensa di averlo digerito, e la cucina contemporanea ne sa qualcosa, (difatti spesso i grandi chef contemporanei ci tengono sempre a fare grandi discorsi sulla materia prima, forse per senso di colpa o ansia?), ed io stesso per curarmi dai miei stress culinari, dalle mie frustrazioni di pseudo-artista di merda, dalla violenza della gerarchia; cerco sempre di tornare alle esperienze preverbali del cucinare, che con questo parolone esprimo lo stupore, lo smarrimento, il calore davanti alla materia prima non ancora lavorata. Forse sono queste le esperienze che segnano lo stacco tra il fare da mangiare in casa, e lavorare in cucina: mi ricordo la volta che vidi mezzo maiale sul banco delle lavorazioni da Amerigo, oppure quando in Francescana vidi quattro persone ognuna con un branzino di più d'un metro da sfilettare, o anche solo la paura che ti fa vedere una cassa enorme di patate da pelare e tagliare, che sai che ci riesci nel tempo giusto, ma sono tante e pesano tanto, e senti la stanchezza nelle gambe. Però sento ancora il piacere di avere tra le mani le erbe selvatiche da pulire, che ci son dei momenti che sembra l'unica cosa che ti riesca a confortare e darti forza.
L'uomo è l'unico animale che cucina
Il cuoco è un artigiano, è il fare dell' artigiano a creare il concetto di materia prima, è a partire da quella e rispetto a quella che può avvenire quella cosa di cui tutti hanno esperienza ma rimane mistero: il cucinare. Perchè dico ciò? perchè è in rapporto alla materia prima, che entrano in gioco categorie espressamente umane: il cucinare non è esclusivamente un migliorare le caratteristiche di digeribilità degli alimenti, ma riporta a esperienze linguistiche, emotive....; la questione del gusto è una questione eminentemente umana, pur stando sulla superficie, non è per niente superficiale, e per parlarne ci si accorge sempre più che si sfocia nella filosofia, nella psicologia, nella storia....(oggi metto troppi puntini di sospensione, sarà pigrizia...). Ma si sa che il linguaggio mangia alle volte chi pensa di averlo digerito, e la cucina contemporanea ne sa qualcosa, (difatti spesso i grandi chef contemporanei ci tengono sempre a fare grandi discorsi sulla materia prima, forse per senso di colpa o ansia?), ed io stesso per curarmi dai miei stress culinari, dalle mie frustrazioni di pseudo-artista di merda, dalla violenza della gerarchia; cerco sempre di tornare alle esperienze preverbali del cucinare, che con questo parolone esprimo lo stupore, lo smarrimento, il calore davanti alla materia prima non ancora lavorata. Forse sono queste le esperienze che segnano lo stacco tra il fare da mangiare in casa, e lavorare in cucina: mi ricordo la volta che vidi mezzo maiale sul banco delle lavorazioni da Amerigo, oppure quando in Francescana vidi quattro persone ognuna con un branzino di più d'un metro da sfilettare, o anche solo la paura che ti fa vedere una cassa enorme di patate da pelare e tagliare, che sai che ci riesci nel tempo giusto, ma sono tante e pesano tanto, e senti la stanchezza nelle gambe. Però sento ancora il piacere di avere tra le mani le erbe selvatiche da pulire, che ci son dei momenti che sembra l'unica cosa che ti riesca a confortare e darti forza.
mercoledì 7 dicembre 2011
educazione spirituale per giovani cuochi /4
-la quiete del ragù-
"Nell'azione il tempo rappresenta dunque un sottile e delicato elemento"
Yukio Mishima- Lezioni spirituali per giovani samurai
Il cuoco è uomo d'azione. Nel mezzo della guerra del servizio (momento in cui i clienti seduti reclamano cibo) il cuoco deve rimanere presente e intimamente tranquillo, per compiere l'azione che gli compete nel tempo giusto; la cucina non è tenera con gli impazienti, l'ho imparato sui miei nervi rompendo un certo numero di tortini col cuore caldo che dovevo cuocere espressi in servizio, infilzando dopo un rosario di bestemmie più o meno mute.
Qualche giorno fa ero a casa di un amico calabrese Angelo, era venerdì pomeriggio e il far da mangiare scandiva un lento pomeriggio ad un piano terra bolognese. La sonnolenza dell' autunno completava il quadro di due disperati casalinghi lentissimi nel preparare una cena calabrese di cui Angelo era l' indiscusso capo chef; il sottofondo erano i gol della serie B, quasi che non ci meritassimo la serie A. Ho avuto in sorte di supervisionare il ragù, argomento che, date le mie origini modenesi, mi pervade a ungere ogni singola articolazione del mio scheletro; la versione calabrese pare un eresia, che in terra nostra verrebbe scomunicata seduta stante, ma data la premessa mi adatto al doverci aggiungere aglio, funghi e piselli. Nonostante un abito non ortodosso la violenta magmatica essenza del ragù dev'esser ancor trattata con devozione se si vuol ottenere un risultato che possa sfidare la religiosità dimessa di questo strano culto. A questo punto si crea uno strano balletto tra l'impazienza di Angelo, che vorrei ascrivere impunemente a una certa calabrese-mascolin-irrequietezza, che vorrebbe trascurare la rosolatura della carne per finir poi solo per lessarla; e la mia sonnolenta calma, abituata ai ritmi lenti del soffritto, e ragù; così riuscimmo, dico noi perchè la fiducia accordatami è segno di saggezza, a soffriggere bene il trito di verdure, rosolare con cura la carne, e sfumare fino a far evaporare il vino, e poi cuocere a fuoco lento per tre/quattro ore. La pasta col Nostro, devo dire, risultò di una potenza penso ricercata negli intenti, che, accompagnata da fritti di un peso specifico notevole (una melanzana fritta rubata prima dell'arrivo degli ospiti pesava almeno un chilo!) ci rese vicini a quella notte calda e fangosa che è una cena tra amici dove si mangia e beve pericolosamente troppo. Angelo poi mi ringraziò per averlo trattenuto dalla sua fretta, e capii allora come anche il ragù possa trasformarsi in un maestro di quiete interiore.
Mi sembra educato a questo punto segnalarvi il link ad una ricetta del ragù come si fa a Modena: http://rezdore.provincia.modena.it/tagliatelle-ragu.asp
"Nell'azione il tempo rappresenta dunque un sottile e delicato elemento"
Yukio Mishima- Lezioni spirituali per giovani samurai
Il cuoco è uomo d'azione. Nel mezzo della guerra del servizio (momento in cui i clienti seduti reclamano cibo) il cuoco deve rimanere presente e intimamente tranquillo, per compiere l'azione che gli compete nel tempo giusto; la cucina non è tenera con gli impazienti, l'ho imparato sui miei nervi rompendo un certo numero di tortini col cuore caldo che dovevo cuocere espressi in servizio, infilzando dopo un rosario di bestemmie più o meno mute.
Qualche giorno fa ero a casa di un amico calabrese Angelo, era venerdì pomeriggio e il far da mangiare scandiva un lento pomeriggio ad un piano terra bolognese. La sonnolenza dell' autunno completava il quadro di due disperati casalinghi lentissimi nel preparare una cena calabrese di cui Angelo era l' indiscusso capo chef; il sottofondo erano i gol della serie B, quasi che non ci meritassimo la serie A. Ho avuto in sorte di supervisionare il ragù, argomento che, date le mie origini modenesi, mi pervade a ungere ogni singola articolazione del mio scheletro; la versione calabrese pare un eresia, che in terra nostra verrebbe scomunicata seduta stante, ma data la premessa mi adatto al doverci aggiungere aglio, funghi e piselli. Nonostante un abito non ortodosso la violenta magmatica essenza del ragù dev'esser ancor trattata con devozione se si vuol ottenere un risultato che possa sfidare la religiosità dimessa di questo strano culto. A questo punto si crea uno strano balletto tra l'impazienza di Angelo, che vorrei ascrivere impunemente a una certa calabrese-mascolin-irrequietezza, che vorrebbe trascurare la rosolatura della carne per finir poi solo per lessarla; e la mia sonnolenta calma, abituata ai ritmi lenti del soffritto, e ragù; così riuscimmo, dico noi perchè la fiducia accordatami è segno di saggezza, a soffriggere bene il trito di verdure, rosolare con cura la carne, e sfumare fino a far evaporare il vino, e poi cuocere a fuoco lento per tre/quattro ore. La pasta col Nostro, devo dire, risultò di una potenza penso ricercata negli intenti, che, accompagnata da fritti di un peso specifico notevole (una melanzana fritta rubata prima dell'arrivo degli ospiti pesava almeno un chilo!) ci rese vicini a quella notte calda e fangosa che è una cena tra amici dove si mangia e beve pericolosamente troppo. Angelo poi mi ringraziò per averlo trattenuto dalla sua fretta, e capii allora come anche il ragù possa trasformarsi in un maestro di quiete interiore.
Mi sembra educato a questo punto segnalarvi il link ad una ricetta del ragù come si fa a Modena: http://rezdore.provincia.modena.it/tagliatelle-ragu.asp
domenica 27 novembre 2011
Soffio
"Fumo è tutto
soffio che ha fame"
Qohélet
femmina fiamma
affamata di fumo
soffio che ha fame"
Qohélet
femmina fiamma
affamata di fumo
giovedì 10 novembre 2011
educazione spirituale per giovani cuochi /3
-la solitudine del cuoco-
Sì, lavorare in cucina dovrebbe essere un lavorare di gruppo, e in parte è vero; quando succede senti la sinfonia di tutta la cucina che batte un tempo sostenuto, un andante, si può anche scherzare nei momenti più difficili. Ma non è facile perdersi nella sinfonia collettiva. Ognuno ha un compito, in qualsiasi ristorante, che è principalmente una sfida con sè stessi. Penso che solitudine la senti quando ti sembra di non riuscire a raschiare un pò di energia, e devi contare solamente sul tuo corpo; solitudine quando in un gruppo non sei ancora integrato o sei stato rifiutato, solitudine quando devi combattere contro il tuo capo. Ma da un certo punto di vista questa solitudine è anche liberatoria, ti rende a te stesso, al lavoro che devi fare, senza troppe mediazioni, sei lì e non c'è altra strada se non allacciare l'ultimo bottone della divisa, affilare i coltelli, e aspettare le orde mongole, barbare come la Fame che ti sembra impersonifichino, e arriveranno tutte insieme, e ti pare possano mangiare anche te se non lavori bene, guardare quel minuto di silenzio prima di un servizio dove il ristorante è pieno e aspettare, a braccia aperte.
http://www.youtube.com/watch?v=Ofuq7Y5Xddc&feature=related
Sì, lavorare in cucina dovrebbe essere un lavorare di gruppo, e in parte è vero; quando succede senti la sinfonia di tutta la cucina che batte un tempo sostenuto, un andante, si può anche scherzare nei momenti più difficili. Ma non è facile perdersi nella sinfonia collettiva. Ognuno ha un compito, in qualsiasi ristorante, che è principalmente una sfida con sè stessi. Penso che solitudine la senti quando ti sembra di non riuscire a raschiare un pò di energia, e devi contare solamente sul tuo corpo; solitudine quando in un gruppo non sei ancora integrato o sei stato rifiutato, solitudine quando devi combattere contro il tuo capo. Ma da un certo punto di vista questa solitudine è anche liberatoria, ti rende a te stesso, al lavoro che devi fare, senza troppe mediazioni, sei lì e non c'è altra strada se non allacciare l'ultimo bottone della divisa, affilare i coltelli, e aspettare le orde mongole, barbare come la Fame che ti sembra impersonifichino, e arriveranno tutte insieme, e ti pare possano mangiare anche te se non lavori bene, guardare quel minuto di silenzio prima di un servizio dove il ristorante è pieno e aspettare, a braccia aperte.
http://www.youtube.com/watch?v=Ofuq7Y5Xddc&feature=related
sabato 5 novembre 2011
educazione spirituale per giovani cuochi /2
-musica-
"musica è come musica, il desiderio regna nella mente parto senza voglia di tornare"
Giuni Russo
Spesso quando sono al lavoro canto; penso sia importante. Intanto mi serve per concentrarmi, in realtà serve a non infossarsi nei propri pensieri; ok, fin qui ci arriviamo tutti, però quando è un pò che canti, è la musica che monta, ma non necessariamente la melodia che stai stonando casomai, ma la musica stessa dei gesti che fai. Va ben l'ho detto, ora c'è chi prende questa cosa che ho detto in maniera troppo mistica, allora mettiamoci d' accordo: intendo che se canti mentre lavori, a un certo punto i gesti che fai sono talmente legati a quel che canti, che si danno senso a vicenda. Ostia ancor peggio, tiro in ballo question di senso; ahhh faccio filosofia, ahhhh; calma prima che la metafisica corra da sola meglio metter dei pali: intendo che quando le cose van bene, e ti sembra di essere immerso nella musica dei tuoi stessi gesti, il significato stesso del tuo lavorare và oltre la sua logica funzional-economica, e te ti vien anche da ridere anche se sei in piedi da tredici ore e tutti sono scazzati intorno perchè si è rotta la lavapiatti. Beh ora vi chiederete cosa canto, oddio di solito quel che posso, ma questa è una delle mie hit.
http://www.youtube.com/watch?v=hvDTforcNhw
"musica è come musica, il desiderio regna nella mente parto senza voglia di tornare"
Giuni Russo
Spesso quando sono al lavoro canto; penso sia importante. Intanto mi serve per concentrarmi, in realtà serve a non infossarsi nei propri pensieri; ok, fin qui ci arriviamo tutti, però quando è un pò che canti, è la musica che monta, ma non necessariamente la melodia che stai stonando casomai, ma la musica stessa dei gesti che fai. Va ben l'ho detto, ora c'è chi prende questa cosa che ho detto in maniera troppo mistica, allora mettiamoci d' accordo: intendo che se canti mentre lavori, a un certo punto i gesti che fai sono talmente legati a quel che canti, che si danno senso a vicenda. Ostia ancor peggio, tiro in ballo question di senso; ahhh faccio filosofia, ahhhh; calma prima che la metafisica corra da sola meglio metter dei pali: intendo che quando le cose van bene, e ti sembra di essere immerso nella musica dei tuoi stessi gesti, il significato stesso del tuo lavorare và oltre la sua logica funzional-economica, e te ti vien anche da ridere anche se sei in piedi da tredici ore e tutti sono scazzati intorno perchè si è rotta la lavapiatti. Beh ora vi chiederete cosa canto, oddio di solito quel che posso, ma questa è una delle mie hit.
http://www.youtube.com/watch?v=hvDTforcNhw
giovedì 3 novembre 2011
educazione spirituale per giovani cuochi /1
- la divisa -
Tutti giorni comincia così, dalla divisa; come soglia, una miriade di frammenti di rituali affollano questo momento: lo specchio, il nodo al grembiule, le foto sull'armadietto, le sigarette in tasca, il cappellino da baseball, ognuno s'attacca a quel che può; ci illudiamo che la divisa uno la possa indossare e togliere, indossata si è cuochi, senza si lascia un'identità nel cesto della roba sporca; sarebbe bello, decisamente, invece ogni tanto fa fatica a staccarsi dalla pelle, entra dentro la schiena che fa male, i tagli e le bruciature nelle mani, il mal di testa; altre volte invece quando la metti a volte ti stringe, e invece di proteggerti, ti imbriglia, camicia di forza del contenimento di tutti i doppi che scappano nella stanchezza di uno spazio regolamentato fino negli angoli. Di divise ne ho viste tante, persino una di color militare, di dubbio gusto, c'erano datori di lavoro che non ne potevano vedere di color nero, altri ristoranti dove solo nere si portavano; ci sono i grandi chef che ci cuciono sopra tutte le loro onoreficenze, ci sono quelli che lavorano in posti importanti e che le hanno consumate; però in fondo il bianco ingrigito delle mie divise più vecchie non ancora stirate mi conforta come una nebbia che conosco bene.
giovedì 13 ottobre 2011
risatina a occhi socchiusi
inizio d' autunno
intorno al sonno
son sicuro di quel che cerco?
intorno al sonno
son sicuro di quel che cerco?
mercoledì 5 ottobre 2011
Eureka!
Nebbia di pulsioni
una foglia
cade nel fiume
una foglia
cade nel fiume
mercoledì 28 settembre 2011
tra parentesi; (un pomeriggio d' influenza)
teso tra pareti
intenso torpore
portami un pò
di riposo
intenso torpore
portami un pò
di riposo
venerdì 23 settembre 2011
(D)io ignoto
« Passando infatti e osservando i monumenti del vostro culto, ho trovato anche un'ara con l'iscrizione: Al Dio ignoto. Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio. »
Atti degli Apostoli 17,23
Dio ignoto
presto tornerò
al mito
da cui ti avevo strappato
Atti degli Apostoli 17,23
Dio ignoto
presto tornerò
al mito
da cui ti avevo strappato
giovedì 22 settembre 2011
modena comincia a modena est /9
-a moto alternato-
modena che produce
quotidiano senza luce
modena di settembre
un mese senza ombre
modena di legno
fidanzata col grugno
modena un solo giorno
tristezza quando ritorno
modena la bruciata
terra mai salvata
modena ponte alto
festival a cui non scampo
modena che mi arde
mio padre mia sorella mia madre
modena nebbia di notte
schianti e ossa rotte
modena mi faranno papa
deliri in mezzo all´afa
modena che produce
quotidiano senza luce
modena di settembre
un mese senza ombre
modena di legno
fidanzata col grugno
modena un solo giorno
tristezza quando ritorno
modena la bruciata
terra mai salvata
modena ponte alto
festival a cui non scampo
modena che mi arde
mio padre mia sorella mia madre
modena nebbia di notte
schianti e ossa rotte
modena mi faranno papa
deliri in mezzo all´afa
martedì 6 settembre 2011
modena comincia a modena est /8
mattina di sciopero
vestiti a festa
sfoggiano addobbati
i paesani di rivoluzione
la frustrazione
vestiti a festa
sfoggiano addobbati
i paesani di rivoluzione
la frustrazione
giovedì 25 agosto 2011
modena comincia a modena est /7
-ai confini-
Mio nonno sta morendo. Mia sorella è tornata a casa comprimendo in maniera feroce il mio spazio vitale in casa. Fuggo, ma questa volta ho bisogno di andare lontano, fuggo, ai confini di questa provincia, che ormai riconosco estensione del mio appartamento. Fuggo, a guidare sono rabbioso, fuggo, che ancora una volta mi sono fatto ferire, fuggo, che devo aprire quella coltre nera che si è impossessata di casa mia, fuggo, per salvare quello che di bello c'è stato in questo mese d'intimità con mia madre, fuggo, per salvare un pensiero per mio nonno, fuggo, che i demoni che mi abitano oggi hanno volto di mostro, fuggo. Meta Fanano, uno degli ultimi paesi dell' Appennino, ai piedi del Cimone, nel mentre mi fermo a bere un thè freddo in un osteria a Marano sul Panaro, dove mi riesco sempre a mettere in ordine i pensieri, lo sguardo dell' oste mi fa capire che per salvarmi, in questo viaggio, ho bisogno di portarli con me: mia madre, mio nonno, persino mia sorella, che se la provincia è la mia casa, ho bisogno di aprirla arrivando ai suoi confini, guardare oltre il crinale, di salutare mio nonno da lassù. Arrivo a Fanano, la sua aria di paese turistico non fa per me oggi, proseguo per Fellicarolo, le macchine diminuiscono, trovo una fontana, l' acqua di montagna mi ritempra, supero Fellicarolo, e punto al libro aperto, la strada si fa sterrata, faccio 100m poi decido che è troppo per la mia Ninetta, che una moto bisogna starci dietro, la parcheggio chiedendole di non cadere da ferma, e non tradirmi, oggi. Arrivo ai Taburri e decido di salire per il monte Lancino, bevo alla fontana che c'è all'imbocco del sentiero e parto, sono le 12:30, non ho borracce con me, nè da mangiare. Prima il bosco: ancora vomito rabbia indefinita, mangio i passi, cerco riparo nell' ombra del bosco, lamponi selvatici, e inizio a vedere il verde, fragole selvatiche, le gambe iniziano a cedere e lo sguardo è più alto, poi sento smuoversi qualcosa attorno al diaframma a sinistra, "..il padre è solo un uomo e gli uomini son tanti, scegline uno seguilo e impara... tarararan tarararan ", qualcosa cade e io mi trovo a versar qualche lacrima; mi sono sempre vergognato di esser così vulnerabile a "io sono francesco" di Tricarico. Si continua e l' ombra dell' ultimo pezzo di foresta mi massaggia la schiena; non c'è più rabbia in me, e Lei, la foresta, mi lascia all' ultimo pezzo di camminata per arrivare al crinale, qui ho paura: che sia stato troppo facile, di non aver risolto niente. Arrivo su. Guardo verso la Toscana. Sento mio nonno presente, e allora apro la Divina Commedia e leggo ad alta voce:
"S'io avessi, lettor, più lungo spazio
da scrivere,io pur cantere' in parte
lo dolce ber che mai non m'avria sazio:
ma perchè piene son tutte le carte
ordite a questa cantica seconda,
non mi mlascia più ir lo fren dell'arte.
Io ritornai dalla santissim'onda
rifatto sì come piantine novelle
rinovellate di novella fronda,
puro e disposto a salire alle stelle."
Son tornato chiedendo alle montagne di proteggermi, ho fatto il bagno nel gelido di un fiume. Mio nonno è morto stamattina, mi ha svegliato inutilmente con un certo suo godimento mia sorella, aspetto la sera per cenare con mia madre.
per il mio ridicolo:
http://www.youtube.com/watch?v=kee3lUPiWpk
Mio nonno sta morendo. Mia sorella è tornata a casa comprimendo in maniera feroce il mio spazio vitale in casa. Fuggo, ma questa volta ho bisogno di andare lontano, fuggo, ai confini di questa provincia, che ormai riconosco estensione del mio appartamento. Fuggo, a guidare sono rabbioso, fuggo, che ancora una volta mi sono fatto ferire, fuggo, che devo aprire quella coltre nera che si è impossessata di casa mia, fuggo, per salvare quello che di bello c'è stato in questo mese d'intimità con mia madre, fuggo, per salvare un pensiero per mio nonno, fuggo, che i demoni che mi abitano oggi hanno volto di mostro, fuggo. Meta Fanano, uno degli ultimi paesi dell' Appennino, ai piedi del Cimone, nel mentre mi fermo a bere un thè freddo in un osteria a Marano sul Panaro, dove mi riesco sempre a mettere in ordine i pensieri, lo sguardo dell' oste mi fa capire che per salvarmi, in questo viaggio, ho bisogno di portarli con me: mia madre, mio nonno, persino mia sorella, che se la provincia è la mia casa, ho bisogno di aprirla arrivando ai suoi confini, guardare oltre il crinale, di salutare mio nonno da lassù. Arrivo a Fanano, la sua aria di paese turistico non fa per me oggi, proseguo per Fellicarolo, le macchine diminuiscono, trovo una fontana, l' acqua di montagna mi ritempra, supero Fellicarolo, e punto al libro aperto, la strada si fa sterrata, faccio 100m poi decido che è troppo per la mia Ninetta, che una moto bisogna starci dietro, la parcheggio chiedendole di non cadere da ferma, e non tradirmi, oggi. Arrivo ai Taburri e decido di salire per il monte Lancino, bevo alla fontana che c'è all'imbocco del sentiero e parto, sono le 12:30, non ho borracce con me, nè da mangiare. Prima il bosco: ancora vomito rabbia indefinita, mangio i passi, cerco riparo nell' ombra del bosco, lamponi selvatici, e inizio a vedere il verde, fragole selvatiche, le gambe iniziano a cedere e lo sguardo è più alto, poi sento smuoversi qualcosa attorno al diaframma a sinistra, "..il padre è solo un uomo e gli uomini son tanti, scegline uno seguilo e impara... tarararan tarararan ", qualcosa cade e io mi trovo a versar qualche lacrima; mi sono sempre vergognato di esser così vulnerabile a "io sono francesco" di Tricarico. Si continua e l' ombra dell' ultimo pezzo di foresta mi massaggia la schiena; non c'è più rabbia in me, e Lei, la foresta, mi lascia all' ultimo pezzo di camminata per arrivare al crinale, qui ho paura: che sia stato troppo facile, di non aver risolto niente. Arrivo su. Guardo verso la Toscana. Sento mio nonno presente, e allora apro la Divina Commedia e leggo ad alta voce:
"S'io avessi, lettor, più lungo spazio
da scrivere,io pur cantere' in parte
lo dolce ber che mai non m'avria sazio:
ma perchè piene son tutte le carte
ordite a questa cantica seconda,
non mi mlascia più ir lo fren dell'arte.
Io ritornai dalla santissim'onda
rifatto sì come piantine novelle
rinovellate di novella fronda,
puro e disposto a salire alle stelle."
Son tornato chiedendo alle montagne di proteggermi, ho fatto il bagno nel gelido di un fiume. Mio nonno è morto stamattina, mi ha svegliato inutilmente con un certo suo godimento mia sorella, aspetto la sera per cenare con mia madre.
per il mio ridicolo:
http://www.youtube.com/watch?v=kee3lUPiWpk
lunedì 22 agosto 2011
modena comincia a modena est /6
-Invocazione breve-
Modena anche da bere
Lambrusco nelle vene
Modena rinchiusa
grugni e bocca chiusa
Modena paludosa
inverno nelle ossa
Modena dialettale
bestemmie da non scordare
Modena siderale
cielo che non riesco ad arrivare
Modena anche da bere
Lambrusco nelle vene
Modena rinchiusa
grugni e bocca chiusa
Modena paludosa
inverno nelle ossa
Modena dialettale
bestemmie da non scordare
Modena siderale
cielo che non riesco ad arrivare
venerdì 19 agosto 2011
modena comincia a modena est /5bis
-Cristo s'è fermato a Monte Gibbio-
Stamattina avevo voglia di scappare. Prendo la moto in direzione Sassuolo, no per lo stradone, mi faccio la Giardini, con un pò di masochismo, e penso che forse dovrei parlare della Modena industriale, visto che mi sto avvicinando al suo cuore nero: Sassuolo. Potrei parlare del boom della ceramica negli anni 70, che ha reso ricca e ottusa questa città, potrei parlarvi di mio padre che da quarant'anni lavora a Sassuolo, e la sua fede nel mondo industriale, specie in quel mondo industriale; potrei parlarvi dei miei amici che da lì vengono, e che non te ne riescono a parlare; dell' Oasis, discoteca rock-metal-alternativa che ha visto le nostre prime sbronze, scura come la nostra voglia di ombra in quegli anni; infine potrei parlarvi dell' urbanistica folle di Sassuolo; e invece avvolto in questa nebbia di pensieri, nel deserto di una mattina torrida d' Agosto, imbocco la strada per Prignano, e all'altezza di San Michele sento i massi dei miei pensieri rotolare a terra, e subito a me la meraviglia della prima collina, che qui più che in altri posti, si nota benissimo nel suo staccare netto in pochissimi metri da quello che l'ha preceduta; diciamo così da Sassuolo a Vignola (esclusa però) possiamo tracciare una linea immaginaria di pedecollinare, (Fiorano, Spezzano, Maranello...) che rappresenta forse la zona più industrializzata della provincia di Modena, ma anche un confine, una barriera di là dalla quale inizia l'Appennino; e di qui appunto il mio viaggio di oggi cambia forma ed umore, e dopo un viaggiare indefinito per Prignano, poi Pavullo, mi ritrovo a inzuppare la mia testa di pensieri secchi nel Panaro, quasi battesimo snaturale, come snaturale riconciliazione con la mia fame di terra. E io mi immagino questo Cristo che vorrebbe battezzare la pianura e arrivato Monte Gibbio, quando butta lo sguardo verso le ceramiche Sassolesi, si volta e torna indietro a parlare col matto dell'osteria di Moncerrato.
Stamattina avevo voglia di scappare. Prendo la moto in direzione Sassuolo, no per lo stradone, mi faccio la Giardini, con un pò di masochismo, e penso che forse dovrei parlare della Modena industriale, visto che mi sto avvicinando al suo cuore nero: Sassuolo. Potrei parlare del boom della ceramica negli anni 70, che ha reso ricca e ottusa questa città, potrei parlarvi di mio padre che da quarant'anni lavora a Sassuolo, e la sua fede nel mondo industriale, specie in quel mondo industriale; potrei parlarvi dei miei amici che da lì vengono, e che non te ne riescono a parlare; dell' Oasis, discoteca rock-metal-alternativa che ha visto le nostre prime sbronze, scura come la nostra voglia di ombra in quegli anni; infine potrei parlarvi dell' urbanistica folle di Sassuolo; e invece avvolto in questa nebbia di pensieri, nel deserto di una mattina torrida d' Agosto, imbocco la strada per Prignano, e all'altezza di San Michele sento i massi dei miei pensieri rotolare a terra, e subito a me la meraviglia della prima collina, che qui più che in altri posti, si nota benissimo nel suo staccare netto in pochissimi metri da quello che l'ha preceduta; diciamo così da Sassuolo a Vignola (esclusa però) possiamo tracciare una linea immaginaria di pedecollinare, (Fiorano, Spezzano, Maranello...) che rappresenta forse la zona più industrializzata della provincia di Modena, ma anche un confine, una barriera di là dalla quale inizia l'Appennino; e di qui appunto il mio viaggio di oggi cambia forma ed umore, e dopo un viaggiare indefinito per Prignano, poi Pavullo, mi ritrovo a inzuppare la mia testa di pensieri secchi nel Panaro, quasi battesimo snaturale, come snaturale riconciliazione con la mia fame di terra. E io mi immagino questo Cristo che vorrebbe battezzare la pianura e arrivato Monte Gibbio, quando butta lo sguardo verso le ceramiche Sassolesi, si volta e torna indietro a parlare col matto dell'osteria di Moncerrato.
mercoledì 17 agosto 2011
modena comincia a modena est /5
-andante-
la moto
mi culla
nella pena
di Modena
per un Nulla
la moto
mi culla
nella pena
di Modena
per un Nulla
martedì 16 agosto 2011
modena comincia a modena est /4
-Menta di Vaciglio-
La moto mi culla, che poi come faccia è difficile capirlo, visto che scalpita alla prima apertura di gas; mi era mancata in una giornata in cui la sua batteria era dal meccanico; con lei mi ritorna la voglia di andar per campi, che ormai è diventato il mio sport preferito; ho persino trovato a Vaciglio della menta selvatica, buona anche, mia madre non ci credeva, e mi pigliava anche per il culo, e mi sa che la storia della menta di Vaciglio ritornerà quando mi mia madre vorrà sfottere le mie velleità da easy rider; bisognerebbe però ricordarle che lei l'ha mangiato di gusto il sugo insaporito dalla menta di Vaciglio, vabè mi sa che me lo merito, anche perchè come easy rider ancora sono piuttosto naif. Questo per dire che di sorprese se ne trovano, come ad esempio le vacche libere lungo il Panaro dalle parti del ponte del casello di Modena Sud, ce n' erano ben due l'altro giorno, quando facevo il mio primo giro importante con Ninetta, così ho battezzato la moto di mio padre; mi sembrava di essere talmente lontano da via Nardi 14(dove abito al limite del centro di Modena )che quando mi ha chiamato Marzia la mia datrice di lavoro le ho detto che ero a Bologna; comunque pensavo che una vacca libera di bagnarsi nel fiume è la cosa che più fa a pugni con l'allevamento in pianura padana, dove di pascoli non ne ho mai visti.
La moto mi culla, che poi come faccia è difficile capirlo, visto che scalpita alla prima apertura di gas; mi era mancata in una giornata in cui la sua batteria era dal meccanico; con lei mi ritorna la voglia di andar per campi, che ormai è diventato il mio sport preferito; ho persino trovato a Vaciglio della menta selvatica, buona anche, mia madre non ci credeva, e mi pigliava anche per il culo, e mi sa che la storia della menta di Vaciglio ritornerà quando mi mia madre vorrà sfottere le mie velleità da easy rider; bisognerebbe però ricordarle che lei l'ha mangiato di gusto il sugo insaporito dalla menta di Vaciglio, vabè mi sa che me lo merito, anche perchè come easy rider ancora sono piuttosto naif. Questo per dire che di sorprese se ne trovano, come ad esempio le vacche libere lungo il Panaro dalle parti del ponte del casello di Modena Sud, ce n' erano ben due l'altro giorno, quando facevo il mio primo giro importante con Ninetta, così ho battezzato la moto di mio padre; mi sembrava di essere talmente lontano da via Nardi 14(dove abito al limite del centro di Modena )che quando mi ha chiamato Marzia la mia datrice di lavoro le ho detto che ero a Bologna; comunque pensavo che una vacca libera di bagnarsi nel fiume è la cosa che più fa a pugni con l'allevamento in pianura padana, dove di pascoli non ne ho mai visti.
lunedì 15 agosto 2011
modena comincia a modena est /3
-intermezzo- (in onor di Giorgio Caproni)
modena campi e orti
lavi tutti i tuoi torti
modena dimenticata
a lungo da me implorata
modena silenziosa
sottovoce però astiosa
modena di periferia
deserto lungo la via
modena oscura
antiche mura di paura
modena il lungofiume
per quando perdo il lume
modena la sacca
e non ci capisco un acca
modena cialtrona
farsa che m'imprigiona
modena da ballare
di più ti vorrei trovare
modena umido sole
parchi e spelacchiate aiuole
modena campi e orti
lavi tutti i tuoi torti
modena dimenticata
a lungo da me implorata
modena silenziosa
sottovoce però astiosa
modena di periferia
deserto lungo la via
modena oscura
antiche mura di paura
modena il lungofiume
per quando perdo il lume
modena la sacca
e non ci capisco un acca
modena cialtrona
farsa che m'imprigiona
modena da ballare
di più ti vorrei trovare
modena umido sole
parchi e spelacchiate aiuole
sabato 13 agosto 2011
modena comincia a modena est /2
-giardino zen di campagna-
Ieri pomeriggio ho preso la bici. Volevo andare a vedere la zona dopo la rotonda della via Emilia con la tangenziale, vedere i limiti della campagna nella zona industriale. Invece ho sterzato per l' abbozzo di pista ciclabile che porta verso via vignolese, ben misera come sirena direi per farmi desistere dal mio progetto iniziale, ma tant'è. Arrivato in via vignolese intravedo dall' altr parte della strada quello che mi pare un giardino, e ora ben più seducente attrattiva, arrivo e scopro un campo di grano in miniatura circondato da castagni e more selvatiche, un giardino di campagna sul limite della città, balle di fieno, e un silenzio zen fatto dal traffico della tangenziale attutito dagli alberi. Mi chiedo a quale speculazione edilizia sia scampato, a quale piano regolatore, forse è di un privato che non lo vuole vendere; ma la sua intrinseca follia, contravviene ad ogni buon senso economico, e d' interesse pubblico, lo rende assai più orgoglioso di qualsiasi parco di Modena. Ma forse la sensazione più bella è la protezione data dai castagni, contro il Rumore della città, che lo rende uno spazio quasi di raccoglimento, anche se in fondo, è solo un campo di grano sfigato.
View giardino di campagna in a larger map
Ieri pomeriggio ho preso la bici. Volevo andare a vedere la zona dopo la rotonda della via Emilia con la tangenziale, vedere i limiti della campagna nella zona industriale. Invece ho sterzato per l' abbozzo di pista ciclabile che porta verso via vignolese, ben misera come sirena direi per farmi desistere dal mio progetto iniziale, ma tant'è. Arrivato in via vignolese intravedo dall' altr parte della strada quello che mi pare un giardino, e ora ben più seducente attrattiva, arrivo e scopro un campo di grano in miniatura circondato da castagni e more selvatiche, un giardino di campagna sul limite della città, balle di fieno, e un silenzio zen fatto dal traffico della tangenziale attutito dagli alberi. Mi chiedo a quale speculazione edilizia sia scampato, a quale piano regolatore, forse è di un privato che non lo vuole vendere; ma la sua intrinseca follia, contravviene ad ogni buon senso economico, e d' interesse pubblico, lo rende assai più orgoglioso di qualsiasi parco di Modena. Ma forse la sensazione più bella è la protezione data dai castagni, contro il Rumore della città, che lo rende uno spazio quasi di raccoglimento, anche se in fondo, è solo un campo di grano sfigato.
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giovedì 11 agosto 2011
modena comincia a modena est
-inizio-
é il pomeriggio del 5 agosto, ritorno a Modena dopo un viaggio in Sardegna, che occupa ancora i sensi e la memoria a breve termine; sono in macchina con Silvia, e stiamo cercando la sua cinquecento verde, un tentativo velleitario di strapparla all'amara consapevolezza che sì cazzo, è stata proprio rubata. Non so bene spinto da quali ragionamenti capitiamo a modena est. Me ne ero dimenticato, forse è la frase che ricorre più spesso su questo angolo di Modena, isolato in parte dal verde di viale Divisione Acqui, che ne segna uno stacco, un solco, che le dà un senso di angolino, periferia al quadrato, visto che comunque non è una zona di grandissimo passaggio, come potrebbe essere la Madonnina. Di queste vie ricordo la gru di un acciaeria, che si intravede dal portone di un capannone sempre aperto, arruginita e infernale; il piccolo campo nomadi che sorge nel mezzo di un ordinato campo di granturco proprio vicino al Panaro; la polisportiva modena est che rimanda anche nelle tombole degli anziani polverosamente al culto della personalità; qui non regna l' ottimismo ottuso del centro, il quieto vivere del parco Amendola, l'oscurità pulsante della Sacca; invece domina un senso di disinteresse per questo quartiere, creando un vuoto dove si possono vedere gli attriti profondi di Modena, nel suo avere tante realtè giustapposte l'una all' altra; piccole industrie affianco a pochi campi coltivati, il lungo panaro, il parcheggio del palazzetto dello sport; ricordano il rapporto difficile di Modena con la sua identità e origine contadina, il territorio che si intuisce selvaggio solo in qualche angolo fangoso di lungo Panaro, gli immigrati davanti alla questura che sembrano le uniche presenze a popolare il quartiere in uno stato di nebbia perenne anche nelle giornate limpide. Sì se dovessi cominciare a raccontare Modena inizierei da Modena est
é il pomeriggio del 5 agosto, ritorno a Modena dopo un viaggio in Sardegna, che occupa ancora i sensi e la memoria a breve termine; sono in macchina con Silvia, e stiamo cercando la sua cinquecento verde, un tentativo velleitario di strapparla all'amara consapevolezza che sì cazzo, è stata proprio rubata. Non so bene spinto da quali ragionamenti capitiamo a modena est. Me ne ero dimenticato, forse è la frase che ricorre più spesso su questo angolo di Modena, isolato in parte dal verde di viale Divisione Acqui, che ne segna uno stacco, un solco, che le dà un senso di angolino, periferia al quadrato, visto che comunque non è una zona di grandissimo passaggio, come potrebbe essere la Madonnina. Di queste vie ricordo la gru di un acciaeria, che si intravede dal portone di un capannone sempre aperto, arruginita e infernale; il piccolo campo nomadi che sorge nel mezzo di un ordinato campo di granturco proprio vicino al Panaro; la polisportiva modena est che rimanda anche nelle tombole degli anziani polverosamente al culto della personalità; qui non regna l' ottimismo ottuso del centro, il quieto vivere del parco Amendola, l'oscurità pulsante della Sacca; invece domina un senso di disinteresse per questo quartiere, creando un vuoto dove si possono vedere gli attriti profondi di Modena, nel suo avere tante realtè giustapposte l'una all' altra; piccole industrie affianco a pochi campi coltivati, il lungo panaro, il parcheggio del palazzetto dello sport; ricordano il rapporto difficile di Modena con la sua identità e origine contadina, il territorio che si intuisce selvaggio solo in qualche angolo fangoso di lungo Panaro, gli immigrati davanti alla questura che sembrano le uniche presenze a popolare il quartiere in uno stato di nebbia perenne anche nelle giornate limpide. Sì se dovessi cominciare a raccontare Modena inizierei da Modena est
lunedì 2 maggio 2011
un pezzo nato canticchiando al lavoro
un pezzo nato canticchiando al lavoro
nel mio povero tedesco sgrammaticato viene più o meno:
ho una ragazza
che non gli piace lavare i piatti
e la mia cucina
è sempre sporca
mia sorella
non ha stracci
e mia madre
non ha preoccupazioni
io chiedo a mio padre
se sono un cavallo
http://www.mediafire.com/?s5aad22by4pp0dp
nel mio povero tedesco sgrammaticato viene più o meno:
ho una ragazza
che non gli piace lavare i piatti
e la mia cucina
è sempre sporca
mia sorella
non ha stracci
e mia madre
non ha preoccupazioni
io chiedo a mio padre
se sono un cavallo
http://www.mediafire.com/?s5aad22by4pp0dp
giovedì 14 aprile 2011
da facebook
pressione è forza su una superficie, più la superficie è grande più è piccola la pressione a parità di forza; oggi è alta pressione attorno a me, più forse perchè sono lo scolo delle fatiche di nove persone che lavorano 14 ore al giorno, a me forse una sola soluzione, aumentare la superficie, allungare il mio corpo e lasciare alla terra, all' agire, al toccare, di lavare questo scarico; veramente ora non so a chi scrivo, i miei amici su fb sono 373, online su chat 10, gli utenti fb 500.000.000, questa massa scava un solco di vuoto che ora solo urlando posso rompere. A chi urla con me nella notte
http://www.youtube.com/watch?v=a01QQZyl-_I
http://www.youtube.com/watch?v=a01QQZyl-_I
lunedì 11 aprile 2011
giovedì 17 marzo 2011
avrei voluto scrivere
alla patria lontana
c'ho provato ora
e questo è il risultato
http://www.youtube.com/watch?v=D47LAqfHGkE&feature=player_embedded
alla patria lontana
c'ho provato ora
e questo è il risultato
http://www.youtube.com/watch?v=D47LAqfHGkE&feature=player_embedded
mercoledì 16 marzo 2011
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