martedì 16 settembre 2014

educazione spirituale per giovani cuochi / 9

-Uno sfogo-

Non dovrei parlare oggi, perchè la rabbia odierna rischia di non rendere giustizia a ragionamenti partiti in momenti più sereni. Lavoro da qualche tempo nella gastronomia di una pescheria piuttosto grande; e soffro l'urto di un lavoro, il mio, artigianale, con un modo industriale di vedere lo stesso. Premetto: sono per chi non lo sapesse laureato in fisica, e penso che una delle idee principali che mi sono fatto è che il metodo scientifico sia una pratica rigorosa, precisa e limitata nel produrre verità; spacciare per verità scientifiche estrapolazioni oracolari da due numeri messi in fila sia una vigliaccheria senza giustificazioni. Non sono un cultore estremo della inesplicabilità della mano artigiana, in particolare quella del cuoco, che pure persiste, a dispetto della volontà di negarla a tutti i costi, penso che la cucina di un cuoco, e per cuoco identifico soprattutto chi passa la maggior parte del proprio tempo davanti ai fornelli, sia giudicabile in un contesto organico di dialogo con chi mangia il cibo cucinato, non un semplice catologo di opinioni decontestualizzate che si trasformano in un chiacchericcio deresponsabilizzato. La degustazione è il regno del delirio del proprio mondo sensoriale, non il regno dell'arbitrario e quindi e dell'indistinguibile; più attenzione si presta a una degustazione più ragionamenti inaspettati si possono incontrare, ricordando che del cibo si può parlare in quanto fatto intrinsecamente culturale e linguistico. Quello che non sopporto veramente, sia di occultare meschini giochi di potere e gelosie personali, dietro alla facciata di due numeri in croce dai quali si è voluto costruire un sistema per umiliare le persone. Questa non è l'industria che voglio, questa è miseria, regno dell'opinabile e dell'arbitrario, non ha niente a che fare con Scienza, Ragione, nelle loro declinazioni elevate o quotidiane; è solo esercizio del potere.