mercoledì 7 dicembre 2011

educazione spirituale per giovani cuochi /4

-la quiete del ragù-

"Nell'azione il tempo rappresenta dunque un sottile e delicato elemento"
Yukio Mishima- Lezioni spirituali per giovani samurai

Il cuoco è uomo d'azione. Nel mezzo della guerra del servizio (momento in cui i clienti seduti reclamano cibo) il cuoco deve rimanere presente e intimamente tranquillo, per compiere l'azione che gli compete nel tempo giusto; la cucina non è tenera con gli impazienti, l'ho imparato sui miei nervi rompendo un certo numero di tortini col cuore caldo che dovevo cuocere espressi in servizio, infilzando dopo un rosario di bestemmie più o meno mute.
Qualche giorno fa ero a casa di un amico calabrese Angelo, era venerdì pomeriggio e il far da mangiare scandiva un lento pomeriggio ad un piano terra bolognese. La sonnolenza dell' autunno completava il quadro di due disperati casalinghi lentissimi nel preparare una cena calabrese di cui Angelo era l' indiscusso capo chef; il sottofondo erano i gol della serie B, quasi che non ci meritassimo la serie A. Ho avuto in sorte di supervisionare il ragù, argomento che, date le mie origini modenesi, mi pervade a ungere ogni singola articolazione del mio scheletro; la versione calabrese pare un eresia, che in terra nostra verrebbe scomunicata seduta stante, ma data la premessa mi adatto al doverci aggiungere aglio, funghi e piselli. Nonostante un abito non ortodosso la violenta magmatica essenza del ragù dev'esser ancor trattata con devozione se si vuol ottenere un risultato che possa sfidare la religiosità dimessa di questo strano culto. A questo punto si crea uno strano balletto tra l'impazienza di Angelo, che vorrei ascrivere impunemente a una certa calabrese-mascolin-irrequietezza, che vorrebbe trascurare la rosolatura della carne per finir poi solo per lessarla; e la mia sonnolenta calma, abituata ai ritmi lenti del soffritto, e ragù; così riuscimmo, dico noi perchè la fiducia accordatami è segno di saggezza, a soffriggere bene il trito di verdure, rosolare con cura la carne, e sfumare fino a far evaporare il vino, e poi cuocere a fuoco lento per tre/quattro ore. La pasta col Nostro, devo dire, risultò di una potenza penso ricercata negli intenti, che, accompagnata da fritti di un peso specifico notevole (una melanzana fritta rubata prima dell'arrivo degli ospiti pesava almeno un chilo!) ci rese vicini a quella notte calda e fangosa che è una cena tra amici dove si mangia e beve pericolosamente troppo. Angelo poi mi ringraziò per averlo trattenuto dalla sua fretta, e capii allora come anche il ragù possa trasformarsi in un maestro di quiete interiore.
Mi sembra educato a questo punto segnalarvi il link ad una ricetta del ragù come si fa a Modena: http://rezdore.provincia.modena.it/tagliatelle-ragu.asp

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