martedì 20 dicembre 2011

Kung fu panda e Nietzsche

oggi (20/12) ho trovato questo intervento radiofonico di Simone Regazzoni commovente, visto che Kung Fu Panda mi tocca da vicino, e di recente ho ripreso in mano la Gaia Scienza di Nietzsche dopo dieci anni; per tutti questi motivi volevo condividere questo podcast con voi.

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-608a06d2-8982-4114-ab2a-3cab35b21c97.html?p=0

domenica 11 dicembre 2011

educazione spirituale per giovani cuochi /5

-la gentilezza abissale delle erbe selvatiche-

L'uomo è l'unico animale che cucina

Il cuoco è un artigiano, è il fare dell' artigiano a creare il concetto di materia prima, è a partire da quella e rispetto a quella che può avvenire quella cosa di cui tutti hanno esperienza ma rimane mistero: il cucinare. Perchè dico ciò? perchè è in rapporto alla materia prima, che entrano in gioco categorie espressamente umane: il cucinare non è esclusivamente un migliorare le caratteristiche di digeribilità degli alimenti, ma riporta a esperienze linguistiche, emotive....; la questione del gusto è una questione eminentemente umana, pur stando sulla superficie, non è per niente superficiale, e per parlarne ci si accorge sempre più che si sfocia nella filosofia, nella psicologia, nella storia....(oggi metto troppi puntini di sospensione, sarà pigrizia...). Ma si sa che il linguaggio mangia alle volte chi pensa di averlo digerito, e la cucina contemporanea ne sa qualcosa, (difatti spesso i grandi chef contemporanei ci tengono sempre a fare grandi discorsi sulla materia prima, forse per senso di colpa o ansia?), ed io stesso per curarmi dai miei stress culinari, dalle mie frustrazioni di pseudo-artista di merda, dalla violenza della gerarchia; cerco sempre di tornare alle esperienze preverbali del cucinare, che con questo parolone esprimo lo stupore, lo smarrimento, il calore davanti alla materia prima non ancora lavorata. Forse sono queste le esperienze che segnano lo stacco tra il fare da mangiare in casa, e lavorare in cucina: mi ricordo la volta che vidi mezzo maiale sul banco delle lavorazioni da Amerigo, oppure quando in Francescana vidi quattro persone ognuna con un branzino di più d'un metro da sfilettare, o anche solo la paura che ti fa vedere una cassa enorme di patate da pelare e tagliare, che sai che ci riesci nel tempo giusto, ma sono tante e pesano tanto, e senti la stanchezza nelle gambe. Però sento ancora il piacere di avere tra le mani le erbe selvatiche da pulire, che ci son dei momenti che sembra l'unica cosa che ti riesca a confortare e darti forza.

mercoledì 7 dicembre 2011

educazione spirituale per giovani cuochi /4

-la quiete del ragù-

"Nell'azione il tempo rappresenta dunque un sottile e delicato elemento"
Yukio Mishima- Lezioni spirituali per giovani samurai

Il cuoco è uomo d'azione. Nel mezzo della guerra del servizio (momento in cui i clienti seduti reclamano cibo) il cuoco deve rimanere presente e intimamente tranquillo, per compiere l'azione che gli compete nel tempo giusto; la cucina non è tenera con gli impazienti, l'ho imparato sui miei nervi rompendo un certo numero di tortini col cuore caldo che dovevo cuocere espressi in servizio, infilzando dopo un rosario di bestemmie più o meno mute.
Qualche giorno fa ero a casa di un amico calabrese Angelo, era venerdì pomeriggio e il far da mangiare scandiva un lento pomeriggio ad un piano terra bolognese. La sonnolenza dell' autunno completava il quadro di due disperati casalinghi lentissimi nel preparare una cena calabrese di cui Angelo era l' indiscusso capo chef; il sottofondo erano i gol della serie B, quasi che non ci meritassimo la serie A. Ho avuto in sorte di supervisionare il ragù, argomento che, date le mie origini modenesi, mi pervade a ungere ogni singola articolazione del mio scheletro; la versione calabrese pare un eresia, che in terra nostra verrebbe scomunicata seduta stante, ma data la premessa mi adatto al doverci aggiungere aglio, funghi e piselli. Nonostante un abito non ortodosso la violenta magmatica essenza del ragù dev'esser ancor trattata con devozione se si vuol ottenere un risultato che possa sfidare la religiosità dimessa di questo strano culto. A questo punto si crea uno strano balletto tra l'impazienza di Angelo, che vorrei ascrivere impunemente a una certa calabrese-mascolin-irrequietezza, che vorrebbe trascurare la rosolatura della carne per finir poi solo per lessarla; e la mia sonnolenta calma, abituata ai ritmi lenti del soffritto, e ragù; così riuscimmo, dico noi perchè la fiducia accordatami è segno di saggezza, a soffriggere bene il trito di verdure, rosolare con cura la carne, e sfumare fino a far evaporare il vino, e poi cuocere a fuoco lento per tre/quattro ore. La pasta col Nostro, devo dire, risultò di una potenza penso ricercata negli intenti, che, accompagnata da fritti di un peso specifico notevole (una melanzana fritta rubata prima dell'arrivo degli ospiti pesava almeno un chilo!) ci rese vicini a quella notte calda e fangosa che è una cena tra amici dove si mangia e beve pericolosamente troppo. Angelo poi mi ringraziò per averlo trattenuto dalla sua fretta, e capii allora come anche il ragù possa trasformarsi in un maestro di quiete interiore.
Mi sembra educato a questo punto segnalarvi il link ad una ricetta del ragù come si fa a Modena: http://rezdore.provincia.modena.it/tagliatelle-ragu.asp